Ricordo del filologo Rino Avesani

CAMMINO DI UMANITÀ.

È stato un illuminato maestro e un credente capace di coniugare fede cultura e ragione
(da L’Osservatore Romano, 5 gennaio 2023)

Rino Avesani ha dedicato la sua vita a indagare l’uomo. Lo ha cercato nei testi e negli autori del Medioevo, che diedero all’Europa fondamenta cristiane; e dell’Umanesimo, che a quella cultura cristiana rinsaldarono il lascito della classicità. Un lungo cammino di studio e di umanità, che si è concluso nella notte del 1° gennaio 2023. Quella strada non l’ha percorsa da solo: insieme ai libri e ai manoscritti amati, accanto a lui c’erano sempre allievi, colleghi, ricercatori di tante biblioteche, università e scuole, in un costante dialogo di collaborazione.
Nato a Verona il 14 settembre 1931, a 29 anni era stato chiamato alla Biblioteca Apostolica Vaticana, di cui fu scriptor per oltre un decennio fino al 1971, mentre insegnava Codicologia presso la Scuola Vaticana di Paleografia Diplomatica e Archivistica (1968-1972). Professore ordinario di Lingua e letteratura latina medievale, il suo magistero spaziò dalla Filologia umanistica alla Letteratura latina medievale, dalla Paleografia alla Storia della tradizione manoscritta, prima presso l’Università di Macerata (dove fu Preside della Facoltà di Lettere), poi alla Sapienza di Roma (Facoltà di Lettere e Scuola Speciale per archivisti e bibliotecari). Professore emerito dal 2009, fino al 2018 continuò a insegnare Letteratura latina medievale alla Pontificia Università Antonianum di Roma. Tra le numerose accademie e società nazionali e internazionali che lo ebbero sodale basterà ricordare l’Accademia dell’Arcadia, di cui fu anche procustode e dove assunse il nome arcadico di Clitauro Lidio.
Sarebbe difficile fornire anche solo un breve riepilogo dei suoi contributi scientifici. Rino Avesani era un maestro, come ben sanno i suoi allievi, e sin dal 1965 alla storia della scuola dal Medioevo al Rinascimento aveva dedicato studi e ricerche, alcuni recentemente raccolti nel volume Dalle chiavi della sapienza alla professione dell’Umanista nel Cinquecento (2019). Aveva la coscienza del ruolo inderogabile dell’Università per la formazione delle coscienze e nel 1996 aveva pubblicato e commentato con Carla Frova La bolla di fondazione dello Studium Urbis emanata da Bonifacio VIII nel 1303. Era un credente che sapeva coniugare fede, cultura e ragione: tra gli umanisti da lui più studiati vi era Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, e ai carmi composti dal circolo di poeti riuniti intorno a quel Pontefice riservò l’ultima fatica, apparsa solo sei mesi fa nella rivista Latinitas della Pontificia Academia Latinitatis. Aveva conosciuto la durezza della vita e non dimenticava le sue radici, né tantomeno la natia Verona, che gli deve una fondamentale indagine storico-letteraria: Verona nel Quattrocento: la civiltà delle lettere (1984). Amava teneramente la sua famiglia, marito genero padre nonno straordinario, ed era un amico fedele, perché sapeva ascoltare, ricordare, essere riconoscente: nel volume Per doverosa memoria (2015) aveva raccolto gli scritti dedicati nel corso del tempo a Giulio Battelli, Giuseppe Billanovich, Augusto Campana (suo suocero), Maddalena De Luca («zia Nuccia»), Paul Oskar Kristeller, Giovanni Orlandi…, per rispondere «al dovere di non dimenticare, all’intenzione di favorire il ricordo di quanti sono stati maestri nella ricerca, presto diventati amici carissimi come altri, non solo accademici, incontrati negli anni».

Paolo d’Alessandro

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